14 luglio 2012

La concertazione è fallita, viva il conflitto


di Giorgio Cremaschi

Come tutti i reazionari, il presidente del consiglio Monti ha affermato che la
rovina dell'Italia sono i sindacati.
Naturalmente lo ha affermato nel suo linguaggio bocconiano, parlando di
concertazione, ma il significato sociale delle sue parole è  chiaro, così come
quello democratico. Monti è interprete di un potere  borghese multinazionale
che considera ogni vincolo sociale un ostacolo allo sviluppo degli affari.
Marchionne, che non deve accontentare l'ipocrisia del partito democratico, dice
le stesse cose con ben più aspro tono.
La risposta sindacale, in particolare della Cgil, a queste affermazioni è
stata penosa. Voi non vedete i meriti di una concertazione che ha salvato
l'Italia, siete irriconoscenti!E' vero, ma proprio questo dato di fatto
dovrebbe richiedere risposte meno subalterne.
La concertazione in Italia comincia con la cosiddetta svolta dell' Eur nel
1977/78. Allora Cgil Cisl e Uil scelsero la linea dei sacrifici,della
moderazione salariale e della flessibilità normativa e da allora non hanno
abbandonato più quell'impostazione.
Naturalmente non tutte le forme della concertazione furono eguali. Esse si
sono spesso intrecciate con i passaggi della politica. Craxi e Berlusconi hanno
cercato di forzare il quadro per escludere la Cgil e prima il Pci e poi il Pd,
trovando sostegno in Cisl e Uil. I governi di unità nazionale e quelli di
centrosinistra hanno invece perseguito, per ovvie ragioni, una concertazione
bipartizan e inclusiva di tutto il sindacalismo confederale. Ma un punto di
fondo è stato comune a tutto il percorso della concertazione. Essa proponeva
uno scambio garantito dal potere dello stato e accettato dal sistema delle
imprese.
Lo scambio era tra la riduzione dei diritti e del salario dei lavoratori e la
crescita del potere istituzionale del sindacalismo confederale. Ci sono stati
alti e bassi , accordi peggiori e migliori, ma questa è stata la tendenza e la
caratteristica di fondo della concertazione italiana. I sindacati finora si
sono salvati, i lavoratori no.
Oggi Monti rifiuta questo scambio. Egli infatti non solo deve peggiorare le
condizioni del lavoro, ma deve dimostrare che lo fa in fretta e senza
condizionamenti, così come esigono i padroni dello spread. Non può più
rispettare quanto affermato dallo scomparso Padda Schioppa, che in una
intervista al Corriere del 2006 spiegava che il suo obiettivo era lo stesso
della signora Thatcher, ma che aveva bisogno di più tempo per realizzarlo, con
la concertazione.
Oggi  la finanza, le banche e la loro Europa non aspettano e Monti, così come
Fornero e Marchionne, deve scontare in Borsa l'umiliazione sindacale. Cosa che
ha puntualmente fatto.
Per questo la concertazione è morta e ogni volontà di riaffermarla potrà
servire alla campagna elettorale del centrosinistra, ma  non porterà da nessuna
parte.
Al sindacato italiano sono oramai riservate solo due strade. La prima è quella
di ritirarsi nel corporativismo aziendalista, naturalmente con le aziende che
ci stanno. Camusso e Squinzi insieme contro Monti, per capirci. A me pare
questa una ritirata ulteriore,della quale i lavoratori pagherebbero tutti i
prezzi e che peraltro si presenta anche priva di reale concretezza.
L'altra via è quella di ricostruire il sindacalismo del conflitto e del
cambiamento sociale, con un nuovo programma e una nuova pratica, abbandonando
una strategia che dopo trent'anni è giunta al capolinea. E  che ha portato i
lavoratori italiani in una delle peggiori condizioni del mondo industriale,
senza risolvere uno solo dei problemi del paese.


4 luglio 2012

documento adottato al termine della riunione di quadri e dirigenti della Cgil svoltasi a Firenze il giorno 30 giugno


Alla Presidenza del Comitato direttivo nazionale della Cgil
e p.c. alla Segreteria nazionale della Cgil
e p.c. a tutte le strutture della Cgil

Costituzione area programmatica di opposizione in Cgil

I/le sottoscritti/e comunicano alla presidenza del Comitato Direttivo Nazionale della Cgil la costituzione dell'area programmatica “La Cgil che vogliamo, opposizione organizzata”. Detta area fa riferimento alla minoranza congressuale “La Cgil che vogliamo” per la propria collocazione negli equilibri postcongressuali della Confederazione e per tutto ciò che ne deriva sul piano statutario, salvo nel distinguersi per iniziativa autonoma, ai sensi di quanto previsto dallo stesso statuto per le aree e aggregazioni successive ai congressi, con le seguenti caratteristiche e obiettivi.

L'area ha lo scopo di organizzare ovunque nella confederazione l'opposizione alla linea politica ed al gruppo dirigente che hanno portato la Cgil alla più grave sconfitta del dopoguerra con la controriforma del lavoro e la conseguente cancellazione dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, Sconfitta ancor più grave perché seguita a quella sulle pensioni e collocata in un quadro di politiche economiche che continuano a colpire diritti e condizioni del mondo del lavoro.

Per l'area che si costituisce una delle ragioni di questa sconfitta è la subalternità del gruppo dirigente della Cgil al governo Monti ed al quadro politico che lo sostiene. Tale subalternità ha impedito di dispiegare tutte le forze dell'organizzazione per contrastare un governo che pratica politiche economiche ultraliberiste e antisociali, in rappresentanza dei poteri forti del paese e dei dettati della Bce e della finanza internazionale. L'opposizione ferma e rigorosa al governo Monti è invece condizione per qualsiasi tenuta e ripresa dell'iniziativa sindacale a tutela del lavoro.

L'area che si costituisce non condivide, conseguentemente la politica unitaria con Cisl e Uil intrapresa dal gruppo dirigente. Infatti i gruppi dirigenti di queste due organizzazioni sono responsabili del fiancheggiamento al governo Berlusconi, e hanno condiviso la politica antisindacale e distruttrice dei diritti della Fiat. Una unità di vertice con Cisl e Uil non può che produrre arretramenti del mondo del lavoro e infatti li sta producendo. E' invece necessaria una politica di unità a partire dai luoghi di lavoro esplicitamente indirizzata a contrastare e sconfiggere la linea della “complicità” adottata da Cisl e e Uil, mentre la democrazia sindacale piena deve diventare pregiudiziale rispetto ai rapporti unitari.

L'area che si costituisce denuncia inoltre la progressiva burocratizzazione della vita interna dell'organizzazione, con l'affermarsi di una logica di comando che colpisce il dissenso, la partecipazione democratica e la creatività dei militanti e delle lavoratrici e dei lavoratori. Al contrario proprio una fase difficile come questa dovrebbe essere affrontata valorizzando al massimo tutte le esperienze di resistenza e protagonismo nei luoghi di lavoro, facendo della democrazia la condizione preliminare di ogni iniziativa.

L'area che si costituisce ritiene necessario diffondere la critica nei confronti della linea politica e dell'operato del gruppo dirigente fino ad affermare una sfiducia politica nei suoi confronti, e intende portare nell'organizzazione questi propri giudizi così come garantito dalla statuto e dalle delibere regolamentari ad esso allegate.

Nel prossimo settembre, successivamente alla costituzione così argomentata, l'area di opposizione organizzata che oggi si costituisce presenterà un proprio più compiuto documento programmatico.

Fabrizio Burattini, Giorgio Cremaschi, Francesco De Simone, Eva Mamini, Annamaria Zavaglia,
componenti del Comitato Direttivo Nazionale

2 luglio 2012

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